giovedì 29 marzo 2012

Segusino, un racconto di Gian Berra free in internet







La valle dei mulini a Segusino,
grazie a Google che pensa sempre a tutti noi e ci ricorda la nostra storia prima che l'oblio cancelli le nostre radici.
Grazie Google, Gian Berra 2012






Due nuovo sito pieni di foto free...







Un racconto di Gian Berra del 2012. Inno a Pan e alle radici vive in tutti noi... testimone il morer, l'albero delle more.



Fenola e il morer.

Vicenda realmente accaduta nelle grave del Piave, tra Ciano e Covolo di Pederobba.... Là dove il Piave fa una grande ansa e gira deciso verso est, proprio di fianco a Crocetta e Ciano, le sue rive si allargano senza limite. E' possibile camminare per ore tra le lande sassose e non incontrare nessuno. Per questo ci vado spesso e tra erbe selvatiche e macchie rade di alberi fieri posso allargare lo sguardo sin dove può arrivare. Non ci sono limiti e così mi è facile lasciare che i ricordi prendano il colore dell'aria. Senza schemi la fantasia immagina e vive ogni realtà possibile. Sogna e ricorda, appunto. Se guardo verso sud lo sguardo è riempito dalla presenza del Montello, lunga e bassa collina che mi fa compagnia e incornicia come un abbraccio la riva di Ciano. E' facile fare tanta strada che poi, stanco, vorrei andare a ristorarmi un po'. Così quando arrivo alla croda granda, giro sicuro, e l'osteria di Fenola e proprio la vicino. Di mattina o di pomeriggio non c'è mai nessuno e Fenola è felice di poter parlare. Io del resto in tasca ho sempre di che pagarmi l'ombra di rosso. Qualche volta incontro anche Menico, sempre distratto e con lo sguardo scocciato. Quando lo vedo il cuore riprende a battere perché vorrei ascoltarlo ancora raccontare la sua storia, ma devo aspettare che Fenola sia di buon umore. Lui non vuole ascoltarla per niente. Lui è l'oste e va rispettato. Oggi è un pomeriggio di quelli. Svogliato e senza idee sto aiutandomi con un uovo sodo a finire il vino aspro di Fenola e guardo fuori i pioppi che sfumano verso le rive. Una volta , poco più in giù c'era una grande pozza d'acqua, quasi un lago, e la strada ci girava attorno. Sul lato accostato alla collina, la strada era solo un sentiero che girava per agli alberi. Questi formavano un bosco che si confondeva con la palude. Un grande morer solitario, imponente sulla riva , era il capo di tutti quegli alberi. Cresciuto senza padroni formava lui solo una macchia imponente. Pochi ci passavano accanto tranquilli o indifferenti. Lui chiedeva rispetto e l'otteneva senza fatica. L'ombra del morer era un regno a sé. Ed è in questo mondo sempre buio che… Forse non era stata una buona idea , ma Menico a volte non pensava. Si lasciava condurre così dai pensieri vaganti finché la strada non esisteva più. Si era avviato verso le grave anche se la sera ormai diventava quasi notte. Il fresco di settembre era appena accennato e l'aria calda ancora invitava a pensieri inquieti. Cosa cercare ancora tra quei sassi? Inquieto e svagato Menico aveva già dimenticato la giornata di lavoro e il buio lo chiamava senza ragione. Si accorse di essere lontano dal sentiero quando il fitto del bosco aveva già coperto la luce della sera. Il buio improvviso lo svegliò dal sognare e lasciò che un brivido freddo lo segnasse rapido come un lampo. Rallentò il passo, e cosciente del suo ritmo, con cautela proseguì verso l'acqua. Intuì il sospiro come se realmente potesse udirlo... ma appena tendeva l'orecchio il silenzio lo lasciava solo e deluso. Cos'era quel sussurro che non riusciva ad ascoltare? Furioso per ciò che gli sfuggiva, si sedette sulla sabbia, tra due grosse quercie, e guardando verso l'acqua vicina lasciò vagare l'attenzione come quando sognava. Lui sognava con la mente e i pensieri erano liberi, ma con gli occhi osservava il mondo da lontano. Così, ingannando la sua rabbia, lasciò entrare in sé ciò che non vedeva ne sentiva. Con la coda dell'occhio notò un movimento nel buio alla sua sinistra. Sapeva di non poter girare la testa, sentiva che se lo avesse fatto ogni cosa sarebbe svanita. Lo sapeva e basta. Si lasciò condurre dall'istinto e fingendo di guardare la palude, girò con prudenza il viso quanto bastava per osservare. E poi con infinita lentezza, cercando di nascondere la sua tensione, spostò lo sguardo con finta indifferenza. Sotto il gran morer un grumo scuro si muoveva. Non cercò subito di capire, ma lasciò che si rivelasse a lui la scena: Una figura grossa e ingobbita, piegata e tesa, era sopra un'altra figura seduta, appoggiata all'enorme tronco. Soffi e sbuffi e modi agitati rendevano tesa l'aria e Menico si sentì risvegliare il sangue. Il suo corpo non poteva ignorare il desiderio e già rispondeva al sogno nascosto. Il suo manico premeva nei calzoni e pretendeva attenzione: Quei due spandevano furia di vita con urla soffocate. Quello che stava sopra era fin troppo curvo sulla femmina, ma era instancabile e la faceva gemere quasi come un pianto sussurrato. Lei lo accoglieva abbracciandolo e tirandolo verso di sé muovendosi a ondate lente e ritmate.Poi poco alla volta il silenzio riprese a dominare gli attimi. I due rimasero ancora abbracciati in un'unica forma scura e Menico per paura di essere visto smise anche direspirare. Onde di odore muschiato solcavano come bassi sentieri l’aria tra i tronchi. Sembrava che anche gli alberi aspettassero l’apice che chiedeva sfogo e liberazione. Ma il temposembrava non passare mai e tutto era in attesa, in tensione; Menico viveva ciò come parte di ciò che accadeva. Menico già perdeva l’attenzione, un vago sonno ipnotico lo intorpidiva e lo rendeva pesante, lento… Per poco non si strozzò quando Lui si alzò: Un essere imponente, con legambe storte e la gobba, le spalle smisurate e la testa piccola, cercò di mettersi in equilibrio. Ma a Menico vennero i brividi quando vide e non volle credere. Quella creatura aveva i corni: eranopiccoli e curvati all'indietro come le capre. Menico si bloccò come fosse di ghiaccio. Lo sguardo si spostò allora su di Lei e la vide rilassata, appoggiata al grande morer, con le gambe aperte e le braccia abbandonate sui fianchi.Era bianca come la luna; liscia e quasi trasparente. Un corpo acerbo ma voglioso di vita. Il suo viso era delicato, piccolo e rotondo e risplendeva di riflessi azzurri. Capelli lisci e chiari le ricadevano sulle spalle. Un ciuffo d’argento filato spiccava superbo tra le cosce che accoglievano lo sguardo. Lei guardava il gigante con naturale interesse, lo squadrava e assorbiva la sua immagine… e vide Menico. Lei non mosse gli occhi, ma lo vide. Menico sentì in sé sciogliesi ogni volontà. Il mare infinito lo stava avvolgendo e sembrava annullare ogni pensiero. Tentò di ribellarsi mentre una parte di sé, ferita, gridava di non farlo. Il cuore sembrava scoppiargli nel petto e le mani artigliavano la sabbia. Con uno scatto doloroso staccò gli occhi da Lei e fu subito catturato dallo sguardo di Lui. Pupille di fuoco lo guardavano assenti e lo giudicavano. Poi divennero odio. Ora si era girato verso di lui. Le sue cosce pelose incorniciavano un pene appuntito ed esagerato. Nero nel nero. I piedi erano piccoli, quasi degli zoccoli, e vide anche un accenno di coda. Già il gigante stava per scattare quando Lei gli prese il polso peloso e lo trattenne.Menico si trovò bloccato a fissarli entrambi e tremando, finalmente ascoltò la sua paura. Scattò senza guardare e corse verso la strada senza neanche più pensare. Superò d’un balzo le rive solitarie e buie. Non vide i campi dove il granturco si seccava , ne sentì gli squittii impauriti delle pantegane disturbate. Corse e corse finché si ritrovò vicino alla casa dei signori Matiol. Poi si sedette e dietro un mucchio di fieno si lasciò andare ad un pianto senza vergogna.La luna da sopra lo consolava, ma era inutile. Menico si era bagnato i calzoni, e ora portava in sé il sogno più sogno di tutti. Non poteva tornare a casa così. No lui aveva visto Lei, e la sua immagine era fusa al suo cuore.Menico aveva visto Lui, e nessuno, oltre Lui sarebbe stato più terribile.Decise di rimanere con la luna, almeno per quella notte.

***
Bluette teneva stretto a sé Bronza. Lui furioso già stringeva nel sogno il collo dell’umano. La rabbia antica e la disperazione senza fine stava già cancellando il piacere che lei gli aveva dato. Ma Bluette non avrebbe permesso a Bronza furioso, di distruggere ciò che stava nascendo. Lo tirò a sé decisa e guidò con la mano il suo membro fiero dentro di lei. Lo strinse e lo abbracciò di nuovo con slancio e calore. Bronza avvertiva il fuoco e la rovina, ma il calore e l’umido profondo di Bluette cancellava e diluiva la tensione. Si lasciò cadere nel fondo di lei ancora una volta. Permisealle sue reni di seminare ancora vita. La sua.E Bluette ancora lo accolse in sé. Ancora e ancora... Viveva del suo slancio e gustava il suo fare.Poi pian piano la tensione svanì negli attimi. Ogni pensiero si placò, e Bronza si lasciò cadere nel letto di foglie accanto a Lei. Sognava ad occhi socchiusi ed assenti il piacere del nulla. Ora, appagato e quasi felice, lasciava che il filo rosso dell’ira rimanesse oltre l’attenzione e i ricordi. Lasciò lontani i pensieri di vendetta e di sangue e si addormentò.Lei invece incrociò le braccia sui seni nudi, immaginando un brivido di freddo. L’umano aveva visto lei e Bronza. Ciò la stupiva. In tutta la sua vita di ninfa umida mai aveva notato umani che potessero vedere il popolo della vita.Quelle scimmie arroganti erano cieche al grande mondo.Ma l’umano era un giovane maschio e lei aveva catturato la sua attenzione. Aveva ancora in sé il piacere dell’abbandono a Bronza. Ma il brivido sottile della conquista dell’umano era dolce come il miele. E in autunno il miele era finito. O no?
***
Menico non tornò a casa quella notte. Dormì nel fienile accanto alla fontana piccola. Poi si fece vedere affaccendato nell’orto di casa. Come si fosse alzato presto. Sua madre gli chiese qualcosa, ma poi non ci pensò più e lo lasciò stare.Menico invece non vedeva più le cose. Che ora era? Dove doveva andare? Ma oggi cosa c’era da fare? E i fianchi levigati di Lei erano li davanti a lui e chiedevano di essere accarezzati. La pelle di fanciulla, lucida e azzurrina era senza forma solida, ma prendeva quella del suo desiderio. Gli occhi di lei erano uno spicchio d’infinito e lo supplicavano di venire ad adorarla. La sua bocca da bambina era un frutto da gustare…La pancia di Menico era una tensione che voleva. Il sesso di Menico pretendeva. E la giornata non sapeva di nulla. Lui era solo. Ma stasera sarebbe tornato là. Certo che sì! Desiderava Lei come la vita. Le sere di settembre qui sul Piave di Ciano, sono lunghe e ancora calde e i profumi dell’estate indugiano nell’aria senza vento. Ma un vago senso di inquietudine, nascosto sotto la crosta delle cose che si vedono, rende inquieti i cuori. Specialmente quelli che si vogliono incontrare e hanno fretta di toccarsi e gustare il fatto di esistere. Così Menico si avvicinò quasi di corsa al bosco del morer, ma poi quando fu a pochi passi si nascose e rimase ad ascoltare. Nulla e nessuno era presente. Echi lontani sottolineavano un silenzio indifferente alla sua tensione. Si avvicinò al morer e la sabbia nulla diceva dei ricordi che lui si portava dentro.Sedette appoggiandosi al tronco e poco alla volta si lasciò avvolgere dalla penombra. La accettò come parte di sé e i pensieri si placarono. Bluette lo sentì quando era ancora nascosta sul lato fitto del bosco. Piano si avvicinò, studiando la sua attenzione. Ancora lui non l’aveva vista, ma sembrava sicuro di sé: lui nascondeva bene il suo desiderio. Lui la voleva: un umano!Si avvicinò ancora un poco e uscì con prudenza dall’ombra oscura di un’acacia, proprio di fronte la radura.E Menico che sognava ad occhi aperti non la vide finché una scintilla illuminò il punto nascosto del suo occhio destro e accese il suo desiderio. Il cuore ebbe un sussulto e si bloccò il respiro. La sua schiena si irrigidì e da solo il suo sguardo seppe dove guardare. La vide che usciva dal buio come se camminasse su una nuvola. Lei splendeva di luce propria e lo guardava sicura di sé. Le sue braccia cadevano naturali incorniciate dai lunghi capelli e il seno piccolo ma fiero si mostrava. Il ventre invitava al suo ciuffo di vita e le sue lunghe gambe si muovevano appena, lente e sicure. Lui venne catturato da qurgli occhi. Erano un mare su cui annegare.Quando Lei le fu vicina gli parve di entrare nella luce che la avvolgeva e il mondo di sempre non esisteva più.Non furono necessarie parole e lui non ricordò mai di averla toccata. Ma quando lui entrò in lei era come se si fosse annullato nel grande mare della vita e perse la sua identità sognando e gustando il suo abbraccio. Aveva provato il paradiso e non desiderava altro. Sentiva le sue forme e accarezzava il suo velluto e ogni carezza era quella più dolce. La voluttà di esistere e vivere era una realtà concreta. L’umido in cui si muoveva era l’invito ad una eternità di estasi senza fine…Poi gli occhi di lei che lo guardavano dentro, lo lasciarono giocare coi colori e l’infinito. Lui seppe quando questo finì. Quando poco alla volta il riposo lo riportò al mondo. Con lei vicino che lo guadava, lui sentì senza soffrire il distacco. Lei non permise al suo cuore di soffrire e gli rimase
vicina finché il sonno lo vinse.
°°°
Bluette lentamente si staccò dall’umano. Leggera come una foglia gli permise di rimanere nel sogno che lo rapiva e gli regalava vera gioia. Lei aveva conquistato il suo cuore e lui oraera suo per sempre. Ora quella scimmia umana aveva sperimentato l’infinito e il suo sguardo vagava oltre la nebbia di sempre.Lei sentiva in sé la forza che lui le aveva dato col suo desiderio. Aveva un sapore diverso da quella che Bronza le regalava: quella di Menico non sapeva di arroganza. Era piuttosto simile a quella dei bambini che non hanno limiti e osano il gioco, ma vogliono anche essere rassicurati.Così grazie al legame che lei aveva creato, avrebbe mantenuto in sé quel nuovo sapore. Un colore nuovo la colmava dentro e Bluette sapeva di avere vinto.Poi l’aria fredda della notte svegliò Menico, che stupito di ritrovarsi lì, si rivestì svogliato. Non vide la luna, e il buio attorno a lui era come una coperta di velluto. Lei non c’era più. Ma era come se fosse ancora con lui. La sentiva dentro come una cosa conquistata. L’aveva fatta sua. Una parte di sé la voleva toccare, e guardare ancora negli occhi; ma sapeva che non sarebbe più venuta. Aveva toccato il cielo e le cose non sarebbero più state le stesse. Menico si avviò mesto verso Ciano. Ora gli occhi vedevano le ombre degli alberi quasi vive, e lontano sul Montello notò strani riflessi che saettavano sopra il bosco. Sentì la civetta chiamare, e per la prima volta non provò fastidio; anzi, avrebbe voluto rispondere al saluto. Bastò questo a donargli un poco di calore. Menico sentiva la vita scorrere attorno a sé, e questa sensazione lo riempiva e lo confortava… Menico non era più solo.
°°°°
Alcuni anni dopo, in un pomeriggio di settembre, Fenola era inquieto. Lo era sempre quando venivano alla sua osteria Menico e Gian. Quei due sembrava si mettessero d’accordo. E venivano sempre negli orari più strani. Oggi che giorno è? Già oggi è venerdì e domani cominciano ad arrivare i villeggianti da Treviso e i Veneziani. Sono loro che riempiono l’osteria ogni fine settimana. Se Fenola dovesse contare sugli abitanti di Ciano o di Covolo, lui avrebbe già chiuso l'osteria. Vede in lontananza quei due che si salutano: Menico torna verso Ciano e Gian si incammina giù per le grave, verso Covolo. Già, Tra Fenola e Menico c’è una vecchia ruggine... Fenola ricorda quella volta che suo padre, l’anno prima che morisse e che gli lasciasse l’osteria in eredità, volle tagliare il grande albero delle more per farne legna. Chiamò due suoi amici ad aiutarlo. Abbatterono il grande tronco con fatica e sudore, ma la legna durò parecchio. Ricorda che quando Menico venne a saperlo, corse all’osteria a urlare che avevano fatto una cosa schifosa. Era la prima volta che vedevano Menico infuriato, tutto rosso in faccia. Sembrava matto, e poi si era messo a piangere come un bambino! Prima sua madre e poi anche gli altri presenti lo avevano confortato offrendogli un’ombra di vino rosso e un panino con le sardelle. Poi Menico si calmò e non se ne parlò più. Menico non si era mai sposato e viveva da solosulle rive, ma almeno una volta alla settimana veniva all’osteria. Ma per i gusti di Fenola era troppo imbambolato. Ora comunque c’era da preparare l’osteria per il fine settimana…Già. So bene che vi faccio perdere tempo a rinvangare vecchie storie. Ma tengo a precisare che di certo qualcuno l’ha visto. Nessuno ne vuole parlare e se ne vergogna. Ma a me non importa. Voglio dirlo almeno una volta qui che nessuno mi conosce e anche se mi prende per matto non me ne frega niente.Si dice che un’ombra scura ogni tanto saetta là dove c’era una volta il grande albero delle more.L’ombra è nera e grande, sembra abbia anche le corna e la coda. Qualcuno ha visto gli occhi di quel mostro: sono rossi e pieni di furia e d’ira.
Chi ha visto quel diavolo, in quel posto non ci è più tornato.

©2012 Gian Berra   




Grazie Google, ecco Riva grassa a Segusino. Per quanto resterà integra come un ricordo di quando eravamo  servi, ma con tanta umanità....
















Tante nuove foto di Segusino free in internet...





Ecco on line un nuovo sito carico di tante foto free in internet che raccontano il comune di Segusino e la sua gente. Foto di Segusino, Riva grassa, Stramare, Milies..
Ho vissuto gli anni passati a segusino come una avventura senza limiti. Per questa ragione propongo il mio amore per questa terra che mi ha visto nascere.
Gian Berra 2012

https://sites.google.com/site/segusinosite/







Segusino, Milies, Nanni della Marianna nel 1985. Nanni non c'è più, ma rimane il ricordo di un uomo di grande saggezza e onestà. Dimenticato dalla gente che non riconosceva il suo valore. Con lui ho parlato di cose preziose come l'orgoglio e la pazienza di un popolo veneto che ha dimenticato sé stesso. Gian Berra.



Il vecchio pozzo a Milies di Segusino negli anni ottanta. Un ricordo dimenticato senza rimpianto. Un luogo sacro di vita che non commuove più nessuno. Gian Berra.


Un altro nuovo sito contante foto inedite, un regalo di Gian Berra:
https://sites.google.com/site/pederobbasite/


Milies di Segusino, uno scorcio di tanti anni fa scattato da Gian Berra nel 1985







venerdì 9 marzo 2012

Pederobba, Onigo, Mura bastia e L'Osteria da Rafael: tutti indicano il cielo...



Solo le vecchie Mura Bastia a Pederobba salutano per l'ultima volta
la vecchia e ignorata osteria da Rafael a Covolo di Piave.
Un popolo servo non ama le sue radici
e non sogna il suo futuro.




Barba Nanni è disperato e quando è pieno di vin clinto straparla. Eppure a me piace ascoltarlo quando è seduto appena fuori dallo stand della pro loco e guarda il campanile come se vedesse il creatore della realtà che vive ogni giorno a Pederobba.
Non dovrei prendere nota dei deliri di un vecchio dall'anima disperata. ma come fare finta di niente? Proprio ora che la crisi forse risveglia gli animi...
Barba Nanni se la prende con tutti e non usa internet per fortuna.
Ecco cosa diceva in quello stato poco lucido:
Parole di Nanni:
....ma perché adesso ci tengono tanto a quelle benedette Mura bastia? Sono solo vecchi sassi che nessuno ha mai degnato di uno sguardo, e ora sono diventate preziose.Che schifo. Ora hanno chiamato quelli della sovraintendenza alle antichità. Forse devono farli lavorare? Forse così Onigo e Pederobba diventano importanti e attirano prestigio? Forse la storia di queste terre è di botto diventata importante?
Lustro per la nostra gente?
Ma che frottole? Quei sassi vanno bene solo per recupero di materiale. Come hanno fatto bene a demolire quel rudere a Covolo di Piave. Si, avete capito bene, parlo dei quelle quattro mura marce che erano l'osteria da Rafael  in via Barche vicino al Piave.
Pensate che c'è qualcuno che piange quel rudere! Nessuna sovraintendenza archeologica o storica ha mai detto la sua. La burocrazia vive di carte e non ha anima. Per fortuna.
Hanno fatto bene perbacco. Io lavoro alla pro loco e guardo al campanile. Io sono un vecchio alpino e sevo il mio popolo con tutto me stesso. Fortuna che sono veneto e vivo di sopressa, polenta, vino. Io canto la montagna e amo le garzette. Guai a chi le tocca. E se non capite bene ciò che dico... mia moglie segue il gruppo di preghiera e si sente quasi santa.  Cosa...

Ecco, basta così, Barba Nanni mi ha stufato. Non sa cosa dice: è il vino che parla assieme alle luganeghe che gli rendono lo stomaco pesante. Chiedo scusa ma non lo ascolterò più-
Almeno per oggi.


Pederobba, le Mura Bastia aspettano in silenzio.


Barba Nanni es desesperada, y cuando está lleno de caliente straparla Clinto. Sin embargo, me gusta escuchar a él cuando está sentado a las afueras de la cabina del turista local y ver la campana como si viera el creador de la realidad que vive todos los días para Pederobba.
No debería tomar nota de los delirios desesperados de un alma vieja. Pero, ¿cómo ignorarlo? Ahora que la crisis podría despertar las mentes ...
Barba Nanni se enoja con todos y no utilizar el Internet para la buena suerte.
Esto es lo que se dijo en ese pequeño y brillante:
Las palabras de Nanni:
Por ahora .... pero que nos son propios a esos benditos muros fortificados? Soy sólo viejas piedras que nadie se haya molestado en mirar, y ahora se han convertido en preziose.Che apesta. Ahora se llama la supervisión de las antigüedades. Tal vez haya que funcionen? Tal vez sea así, y Onigo Pederobba ser importante y atraer prestigio? Tal vez la historia de esta tierra se ha convertido de repente en tan importante?
Shine a nuestro pueblo?
Pero esas tonterías? Estas rocas sólo son buenos para la recuperación de materiales. ¿Cómo les ha ido bien para demoler las ruinas en Covolo di Piave. Sí, has oído bien, hablo de esas cuatro paredes que estaban podridos en la taberna de Rafael en los barcos cerca de la Piave.
¿Crees que alguien que llora que ruina! No existe ningún mecanismo de supervisión arqueológico o histórico que nunca le ha dicho. La burocracia vive de las tarjetas y no tiene alma. Afortunadamente.
Lo han hecho así mira por dónde. Yo trabajo en el turismo local y ver la torre. Soy un viejo alpino y el sebo a mi pueblo con todas mis fuerzas. Por suerte, son Venecia y en directo suprimida, la polenta, el vino. Yo canto las montañas y me encanta las garzas. ¡Ay de quien los toca. Y si usted no entiende bien lo que digo ... Mi esposa sigue el grupo de oración y se siente casi sagrado. ¿Qué ...

En este caso, eso es suficiente, Barba Nanni guiso de mí. No sabe lo que dice es el vino que le habla a luganeghe juntos que hacen que el estómago pesado. Pido disculpas pero no estoy de oír más-
Al menos por hoy.

Pederobba, osteria da Rafael finalmente demolita per sempre.
Barba Nanni está desesperado, e quando ela é cheia de mulled Clinto straparla. Mas eu gosto de escutá-lo quando ele está sentado do lado de fora da cabine do turista local e ver o sino como se visse o criador da realidade que ele vive todos os dias para Pederobba.
Eu não deveria tomar nota de delírios desesperados de uma velha alma. mas como ignorá-la? Agora que a crise pode despertar as mentes ...
Barba Nanni fica bravo com todo mundo e não usa a internet para dar sorte.
Aqui está o que foi dito naquele brilhante pouco:
Palavras de Nanni:
Por enquanto .... mas nós prezamos a essas muralhas da fortificação abençoados? Eu sou apenas pedras antigas que nunca ninguém se preocupou em olhar, e agora tornaram-se suga preziose.Che. Agora chamado a superintendência dessas antiguidades. Talvez mandá-los trabalhar? Talvez por isso Onigo e Pederobba tornam-se importantes e atrair prestígio? Talvez a história desta terra, de repente, se tornam importantes?
Brilhe para o nosso povo?
Mas que absurdo? Essas rochas são apenas bons para recuperação de materiais. Como tem feito bem para demolir as ruínas em Covolo di Piave. Sim, você ouviu-me bem, eu falo daquelas quatro paredes que eram de podre na taverna de Rafael de barcos perto do Piave.
Você acha que alguém que chora que a ruína! Nenhum mecanismo de supervisão arqueológico ou histórico nunca disse a ela. A burocracia vive de cartões e não tem alma. Felizmente.
Eles fizeram bem pelo amor de Deus. Eu trabalho no turismo local e observar a torre. Eu sou um alpine antigo e sebo meu povo com todas as minhas forças. Felizmente eles são Venetian e ao vivo suprimida, polenta, vinho. Eu canto as montanhas e eu amo as garças. Ai de quem tocar nelas. E se você não entender bem o que eu digo ... Minha esposa segue o grupo de oração e sente-se quase sagrado. O que ...

Aqui, isso é o suficiente, Beard Nanni ensopado de mim. Não sei o que ele diz é o vinho que fala a luganeghe juntos que fazem o estômago pesado. Peço desculpas, mas eu não ouço mais-
Pelo menos por hoje.

Il nuovo sito su Pederobba con tantissime foto inedite di Gian Berra
https://sites.google.com/site/pederobbasite/

Il nuovo sito su Segusino:
https://sites.google.com/site/segusinosite/